L'EDITORALE
Litorale Oggi risponde a Ladispoli Attiva: “Non siamo imparziali, stiamo dalla parte dei cittadini”
L’altra visione del nostro territorio – L’EDITORIALE
L’altra visione del nostro territorio – L’EDITORIALE
Quei passivi di Ladispoli Attiva, in uno strampalato comunicato, se ne inventano di tutti i colori circa il rapporto che, a loro dire, esiste tra questo giornale e l’Amministrazione Grando. Logorroici e prolissi nello scritto così come negli interventi in Consiglio, ne sbagliano una dopo l’altra.
Sarebbe del tutto inutile, oltre che noioso per i lettori, riportare qui tutta la loro fuffa e usare questo prezioso spazio per replicare alle loro elucubrazioni. Tuttavia, quella nota conclude così:
“Postilla per lettori e cittadini: c’è ancora qualcuno che riesce a credere all’imparzialità e all’oggettività di ciò che scrive costui?”
Quel costui sarebbe il sottoscritto.
Se la prendono con un giornalista. Peggio ancora: con la firma di un giornalista.
E per uno che fa il mio mestiere – i colleghi più intelligenti e scafati lo sapranno molto bene – non esiste cosa più preziosa della propria firma.
Dunque, un momento: questa storia va chiarita. Per l’ennesima volta, visto che non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire. Però non voglio parlare di me, se non di questo giornale, che ho fondato e che dirigo dall’ormai lontano 2007.
Andiamo al sodo: Litorale Oggi non è imparziale, non lo è mai stato, non vuole esserlo. Sul territorio abbiamo già testate più o meno giornalistiche che si propongono come “imparziali” e che portano avanti un atteggiamento – dunque, visto che parliamo di giornalismo, una linea editoriale – che qualcuno definirebbe “democristiano”, quando in realtà sanno tutti molto bene qual è il loro gioco.
Ecco, noi non siamo quella roba lì: siamo sfacciatamente di parte. Lo abbiamo sempre dichiarato, in maniera molto trasparente. Siano i lettori a giudicare il nostro lavoro e le nostre idee: sono in effetti proprio loro, i lettori, gli unici giudici del nostro operato.
Insomma, non capiamo perché quegli individui di Ladispoli Attiva vogliano dipingermi/dipingerci come qualcuno che ha voluto vendere lucciole per lanterne: lo abbiamo dichiarato pubblicamente, a più riprese, da che parte stiamo. E allora facciamolo ancora una volta, giacché repetita iuvant.
Quando a Ladispoli governavano “quelli bravi” – gli stessi che oggi ci fanno la predica e la morale – si spendevano oltre 100mila euro l’anno per un giornalino che era di fatto organo ufficiale dell’Amministrazione. Senza contare i 20mila euro per il direttore responsabile. Altro che obiettività e imparzialità: i compagni il giornale se lo pagavano coi soldi pubblici e ci scrivevano quello che volevano.
Litorale Oggi, al contrario, non percepisce fondi pubblici. Nemmeno un centesimo. Questo progetto si sostiene con la fatica, la passione, l’impegno dei promotori e il sostegno degli sponsor.
Litorale Oggi si schiera con chi lavora e dà lavoro, con chi produce e crea sviluppo e ricchezza; con gli imprenditori, i commercianti, i liberi professionisti che portano avanti l’economia di questa città. Allo stesso modo, ci sentiamo vicini ai più deboli, ai dimenticati, a chi il lavoro l’ha perso, a chi è costretto a scegliere tra i libri per la scuola dei figli e la spesa alimentare per la casa. A tutti loro, noi vogliamo dare spazio e voce. Renderli protagonisti con l’arma più forte di tutte: la penna.
Sposiamo i valori della libertà e della democrazia, ma ci piace l’ordine, la sicurezza. Siamo contro l’immigrazione incontrollata, a favore della famiglia, per la proprietà privata e l’iniziativa produttiva. Non ci piacciono quelli del no a prescindere, i malati del green a tutti i costi. Soprattutto, non sopportiamo l’ignoranza e la maleducazione. C’è bisogno di essere di destra o di sinistra per questo? Hanno colore, queste nostre convinzioni? Fate vobis.
A noi, alla fine, interessa soltanto una cosa: che continuiate a leggerci.
L’altra visione del nostro territorio
A Cerveteri si consuma un paradosso. La sindaca Elena Gubetti – chiamata dalla minoranza a rendere conto della propria azione amministrativa – sceglie di rimanere appiccicata al ruolo politico come se fosse un salvagente, nonostante sia evidente che la fiducia verso il suo operato sia seriamente compromessa.
La mozione di sfiducia nei suoi confronti è stata presentata con chiarezza: tra i motivi, la gestione definita “opaca e discutibile” delle risorse pubbliche, i ritardi sistematici nei lavori, l’esclusione di componenti dell’amministrazione dalle commissioni e la mancata condivisione degli indirizzi con la maggioranza.
Eppure Gubetti non accenna a mollare. Non solo non si dimette, ma rimane aggrappata – con le unghie e con i denti – al suo incarico come se fosse l’ultima trincea.
Perché restare ad ogni costo alimenta la delegittimazione della figura istituzionale: la sindaca diventa simbolo di resistenza al cambiamento anziché promotrice.

Se governare significa servire la comunità, in questo caso appare evidente che l’atto più coerente sarebbe un passo indietro. Restare così, nel pieno della bufera, manda un messaggio pericoloso: che la carica politica sia più importante dell’interesse pubblico. Perché quando la fiducia – base stessa del mandato – vacilla, insistere a restare diventa un atto di arroganza, non di servizio.
Le motivazioni della mozione parlano chiaro: paralisi nella realizzazione delle opere pubbliche, carenza di progetti che portino sviluppo, gestione delle risorse poco trasparente.
Invece di affrontare queste criticità guardando avanti, l’amministrazione si cristallizza in una logica autoreferenziale: la sindaca resta, i problemi restano. È il segnale che il “governo della città” è diventato “mantenimento del potere”.
Una comunità che attende risposte, che ha diritto a concretezza, vede invece un’amministrazione che appare più impegnata a non cedere che a progredire.
Perché governare significa avere mandato chiaro, sostegno politico e fiducia sociale: quando nessuna delle tre è più reale, la continuità diventa insostenibile.
Perché scegliere di andarsene, non perché sconfitta, ma perché il contesto richiede una nuova fase, sarebbe un gesto di responsabilità.
Perché la città merita un’amministrazione focalizzata sul futuro, non su rimanere in sella fino a logorarsi.
Elena Gubetti ha ancora la carica, ma non pare avere più la condizione politica per esercitarla con efficacia. Il persistere al suo posto appare meno come scelta di servizio e più come atto di tenacia personale. Ma la politica non è (o non dovrebbe essere) questione di affezione alla poltrona: è chiamata a fare, cambiare, avanzare.
Cerveteri – vale la pena ribadirlo – merita un cambio di passo, i suoi cittadini meritano un’Amministrazione trasparente, attenta alle necessità della comunità e non alle proprie; capace di guardare ai prossimi dieci, vent’anni. Ed è evidente che l’Amministrazione barcollante di Gubetti non è assolutamente in condizione di farlo.
Per queste ragioni, è giunto il momento che la sindaca prenda atto della situazione e sua sponte rassegni le dimissioni. Senza la necessità di un formale voto di sfiducia, perché la sfiducia della città nei suoi confronti è ormai conclamata. A Cerveteri si sta rasentando il ridicolo, è ora di staccare la spina. Cara Gubetti, se davvero ami Cerveteri lascia adesso. Fallo quanto prima, se ancora ti rimane un briciolo di dignità.
Poi potrebbe essere troppo tardi.

You must be logged in to post a comment Login