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Arte e Cultura

L’importanza di parlare le lingue

Più che un semplice percorso di studi, una vera e propria formazione della persona

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Più che un semplice percorso di studi, una vera e propria formazione della persona

Riguardo il nostro percorso scolasti co siamo tutti d’accordo su due punti: uno, che non tutte le materie che studiamo torneranno utili nella vita, e due, se c’è una materia per la quale vale la pena impegnarsi è la lingua straniera.

Purtroppo ti rendi conto di quanto le lingue siano importanti quando è ormai troppo tardi. Non che ci sia un’età definita per studiare una nuova lingua, tuttavia la ricettività e l’elasticità dei bambini rende il processo più naturale.

La mente di noi adulti è piena di sovrastrutture date dalle esperienze e da tutte le cose che impariamo nel corso della vita. Un po’ come un hard disk al limite della sua capacità. La mente di un bambino invece, è brulla, assimila senza porsi troppe domande, prende per buona l’informazione e la immagazzina senza processarla.

Per questo l’ideale per i bimbi sarebbe una baby sitter che parli loro un’altra lingua fino al momento in cui sono in grado di leggere e scrivere, più o meno fino ai sei anni. L’ideale per apprendere perfettamente nuove lingue è senza dubbio un corso privato che parallelamente al programma scolastico dia al bambino gli strumenti per iniziare a padroneggiare la nuova lingua.

L’utilità di essere stimolati alla conoscenza

In questo articolo però, vorrei soffermarmi sull’utilità dell’essere stimolati alla conoscenza di qualcosa che non ci appartiene. Io personalmente ho cominciato a studiare lingue per la paura di incontrare persone che parlandomi non avrei capito, avevo, fin da bambina, il desiderio di capire tutti.

Approcciare una nuova lingua è prima di tutto un esercizio per noi stessi, abituiamo il nostro cervello a non fossilizzarsi sulla sintassi che conosciamo, ma sforzandoci a comunicare costringiamo la nostra mente all’elasticità. Un allenamento che forma il nostro carattere, induce sicurezza e ci aiuta ad adattarci a quando abbandoniamo la nostra comfort zone.

Una persona poliglotta la riconosci subito: ha un’ottima capacità di ascolto, un buon orecchio ed è in grado di riprodurre suoni, anche i più diversi da quelli della lingua madre.

Per un bambino avere fin da piccolo la capacità di adattarsi lo aiuterà nella vita da adulto, subirà meno il disagio delle circostanze diventando una persona più sicura e consapevole.

I bimbi si sa, vivono tutto come un’avventura, se i genitori riescono a stimolarlo in questo senso il bimbo sarà pronto e impaziente di vivere nuove esperienze, di raccontare ai suoi compagni le emozioni di un viaggio e degli amichetti che si è fatto in un paese diverso.

Possiamo predisporre i ragazzi già da piccoli ad avere una mentalità aperta e a non giudicare quello che percepiscono come diverso, anzi, saranno curiosi di scoprire una nuova cultura.

Ad oggi sono orgogliosa di poter dire che parlo fluentemente cinque lingue, mi batterò sempre affinché i ragazzi siano incoraggiati alla conoscenza di più lingue possibili. La mentalità aperta, il rispetto e l’autostima renderanno il mondo un posto migliore.

Get ready to travel!

Sara Inga

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Arte e Cultura

Renì: tra palco e realtà

La storia di Giulia, artista emergente che ha creato il Summer Fever Fest

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La storia di Giulia, artista emergente che ha creato il Summer Fever Fest

L’estate 2025 a Ladispoli resterà per sempre nel mio cuore come una delle esperienze più intense, formative e significative della mia vita. È stata una stagione ricca di musica, arte, emozioni e incontri, ma soprattutto la scoperta di una comunità viva, partecipe e accogliente, capace di credere nei sogni dei giovani e di valorizzarne le idee.

Per la prima volta non ero soltanto spettatrice, ma parte attiva di un progetto che mi ha fatto crescere e che porterò per sempre con me: l’organizzazione di un festival musicale.

Tutto è iniziato nell’aprile del 2024, quando ho deciso di contattare l’Assessore al Turismo, Marco Porro, per proporgli un’idea che custodivo da tempo: creare un festival dedicato ai talenti emergenti, uno spazio in cui i giovani potessero finalmente esprimersi, farsi conoscere e vivere la magia di un palco tutto loro. In molti erano scettici, convinti che l’amministrazione non avrebbe mai dato ascolto a una proposta nata “dal basso”, ma io ho scelto di crederci. Con mia grande sorpresa, pochi giorni dopo, l’Assessore ha risposto positivamente, accogliendo con entusiasmo la mia proposta e dimostrandosi fin da subito disponibile all’ascolto e al dialogo.

Da quel momento è cominciato un percorso meraviglioso e impegnativo, fatto di riunioni, progetti, incontri e tanta voglia di creare qualcosa di bello per la città. Organizzare un festival musicale significa assumersi responsabilità, saper lavorare in squadra, gestire imprevisti e affrontare sfide quotidiane: dalla selezione degli artisti alla parte tecnica, dalla comunicazione alla ricerca di collaborazioni e sponsor.

Ogni giorno era una scoperta, una piccola conquista che avvicinava sempre di più il sogno alla realtà.

Il sostegno dell’amministrazione, la disponibilità dei tecnici, la collaborazione delle attività locali e l’energia dei giovani coinvolti hanno permesso al progetto di crescere e diventare qualcosa di concreto. Dopo settimane di lavoro intenso, il Summer Fever Fest è stato ufficialmente approvato e inserito nel calendario estivo del Comune, con due serate interamente dedicate alla musica emergente.

Quando finalmente il palco di piazza Rossellini si è illuminato e la musica ha iniziato a riempire l’aria, ho sentito un’emozione impossibile da descrivere. Tutta la fatica, le paure e le notti insonni si sono trasformate in gioia e orgoglio. Vedere tanti giovani artisti del territorio esibirsi davanti alla propria comunità, nello stesso contesto che ha ospitato nomi come Gaia, Fred De Palma e Francesco Renga, è stato come assistere alla realizzazione di un sogno collettivo.

Dietro le quinte ho scoperto un mondo affascinante, fatto di passione, dedizione e professionalità. Tecnici, operatori e collaboratori hanno lavorato instancabilmente per rendere tutto perfetto, dimostrandomi quanto il successo di un evento nasca dal lavoro di squadra e dalla volontà di condividere un obiettivo comune.

Quando le luci si sono spente e la piazza è tornata silenziosa, ho provato quella malinconia dolce che accompagna la fine delle esperienze più belle. Ma insieme a essa è arrivata una nuova consapevolezza: con coraggio, fiducia e il sostegno delle persone giuste, i sogni possono davvero trasformarsi in realtà.

Oggi il palco non c’è più, ma il suo ricordo resta vivido dentro di me — simbolo di un’estate che mi ha insegnato la forza della musica, il valore della comunità e l’importanza di credere in se stessi. Ladispoli, con la sua energia e la sua gente, mi ha regalato un sogno che porterò per sempre nel cuore.

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